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Rilancio del settore cultura come motore della ripresa


La sala del Conservatorio Santa Cecilia di Roma  

fotografia di Francesca Balboni



E’ ormai un imperativo condiviso da più parti: dobbiamo convincerci che questo settore potrà aiutare a risollevare il nostro paese, anche fosse solamente lo strumento di un rinnovato orgoglio nazionale.

Come non essere fieri di un patrimonio straordinario come quello italiano?

Siamo ancora il quinto paese esportatore di beni creativi al mondo e leader nelle esportazioni di prodotti di design per i quali siamo al primo posto tra le economie del G8 e al secondo tra quelle del G20.

Nonostante ciò nel biennio 2012/2013 si è registrato un crollo della fruizione culturale interna: sono calati del 15,5% gli spettatori delle rappresentazioni teatrali, le mostre hanno visto diminuire del 12,8% i visitatori, i concerti hanno registrato un -14,4% di presenze.

Forse la crisi ha costituito uno dei motivi principali di questo calo. Tuttavia non dobbiamo sottrarci dal fare alcune riflessioni.

Quali altri motivi possono aver causato questa flessione nel consumo? Perché in alcune grandi capitali del mondo i visitatori dei musei  sono stati quattro o addirittura cinque volte superiori rispetto a quelli registrati a Roma? 

Secondo quanto riferisce Federculture nel suo Rapporto 2014, presentato giovedì 26 giugno nella splendida sala del Conservatorio Santa Cecilia di Roma, nel 2013 i visitatori delle prime 10 mostre della città di Roma sono stati 1.190.335, mentre a New York il numero ha raggiunto ben 5.098.868 di visite, a Londra addirittura 5.377.826, a Parigi 4.425.505 (dati Giornale dell’Arte http://www.ilgiornaledellarte.com/ ).

Volendo capire il perché di questa scoraggiante classifica e considerato che il patrimonio artistico di Roma non è certamente inferiore a quello delle altre capitali citate, va fatta una riflessione sul tipo di stimolo che induce a consumare beni di cultura.

E’ forse utile fare una distinzione, ad esempio, tra la fruizione culturale da parte dei turisti provenienti dall’estero e quella di coloro che vivono in Italia.

Per stuzzicare l’appetito culturale di chi arriva oltralpe, posto l’ implicito dovere di offrire strutture in buono stato, efficienti e ineccepibili dal punto di vista igienico, è senz’altro necessario modernizzare l’offerta.

Innovare dunque. Tanto per fare un esempio dovrebbe essere possibile la prenotazione online di tutti i siti turistici così come sarebbe utile promuovere la modernizzazione delle strutture per avvicinarsi anche al pubblico dei più giovani. Anche la creazione di applicazioni per smartphone e tablet favorirebbe certamente il consumo turistico-culturale, permettendo approfondimenti con modalità accattivanti e facilmente fruibili.

Per incentivare il consumo di noi italiani, inoltre, potrebbero essere utili misure di vario tipo. Tra le tante, la detraibilità delle spese per la frequentazione dei musei, dei teatri, dei concerti, per l’acquisto di libri e per la formazione artistica e culturale. Questa è una delle 15 proposte di Federculture per rilanciare il nostro paese.

L’impulso più grande al cambiamento però è senza dubbio l’investimento in formazione. E’ incredibile come la storia dell’arte nelle nostre scuole sia una materia trascurata e poco incentivata anche nei licei.

Il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, alla presentazione del citato Rapporto di Federculture, ha ribadito come sia di fondamentale importanza investire in istruzione. Cultura e istruzione, due facce della stessa medaglia, ha ribadito il Ministro.

Perché quando si misura il livello di istruzione di un paese si definisce anche l’avanzamento sociale ed economico della società che lo abita e si indica, implicitamente, il suo stato di benessere.

Gli investimenti in istruzione delineano il futuro di un paese favorendone la crescita economica, la produttività, contribuendo allo sviluppo personale e collettivo e riducendo le disuguaglianze sociali.

Stiamo parlando dunque del principale perno dello sviluppo di un paese.

Non è un caso che il livello di istruzione della popolazione di un paese sia comunemente utilizzato per valutare lo “stock di capitale umano”.


La cultura, va inoltre aggiunto, ha forme diverse e variegate.

Anche la partecipazione amatoriale ad associazioni che riuniscono persone appassionate di musica, di letteratura, di teatro, favorisce senza alcun dubbio la sensibilità artistica oltre che la socialità, incoraggiando in questo modo la crescita di contesti dal capitale sociale  evoluto.

Una bellissima iniziativa, ad esempio, che promuove la musica come strumento di integrazione culturale e sociale è stata, sul modello dell’esperienza venezuelana, la creazione nel 2010 del Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili Onlus che permette l’accesso gratuito all’educazione musicale per bambini e ragazzi in 14 regioni italiane.


Ma quanto spendono le persone in cultura e ricreazione?

dati Istat non sono così incoraggianti. Le famiglie italiane hanno speso in cultura e ricreazione il 7,3% dei consumi finali. Poco rispetto alla Finlandia che ne ha spesi l’11,3%.


Secondo quanto espresso dal Presidente di Federculture, in occasione della presentazione del Rapporto 2014, l’obiettivo da raggiungere dovrebbe consistere in una complementarietà tra le due prospettive, pubblica e privata

Se manca il sostegno pubblico viene meno anche il contributo dei privati.

Dall’inizio della crisi (2008) ad oggi  gli  investimenti dei privati (sponsorizzazioni, erogazioni liberali, investimenti delle fondazioni bancarie) nel settore culturale sono calati di circa 350 milioni, il 40% in meno.

E’ giusto avere una visione complessiva delle potenzialità di questo settore promuovendo, in prospettiva, anche gli investimenti privati.


Come non pensare poi anche al risvolto occupazionale che, in caso di rilancio di questo settore, vorremmo coinvolgesse fette di popolazione sottorappresentate nel mondo del lavoro.

Penso all’occupazione femminile, ad esempio, di giovani donne ma anche di donne non più così giovani che, per svariati motivi, sono state travolte dalla crisi trovandosi a fare i conti con un’inaspettata mancanza di lavoro.

Le parole della direttrice del Fondo Monetario internazionale, Christine Lagarde, hanno un sapore amaro per chi da tempo rileva come si sia tanto lontani dal raggiungimento degli obiettivi di occupazione posti a livello europeo: "Il vostro è uno dei Paesi della zona euro che incoraggiano meno la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Un cambiamento di rotta, a parte ogni considerazione di progresso sociale, potrebbe avere effetti benefici sulla produzione di reddito aggiuntivo e, quindi, sull’uscita da un periodo di stagnazione" (http://www.corriere.it/economia/14_aprile_04/poco-lavoro-donne-italia-466percento-contro-64percento-uomini-167809ce-bbfd-11e3-a4c0-ded3705759de.shtml ).

  

Per concludere mi piacerebbe lanciare un’idea, giocosa più che altro, per incentivare l’avvicinamento alle molteplici forme di cultura: istituire una Giornata dedicata, nella quale tutti i quotidiani escano con argomenti di sola cultura in prima pagina. Chissà che non possa essere accolta come provocazione e stimolo!

@RIPRODUZIONE RISERVATA


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