L'ABC DEL LEADER
Gira
in questo periodo un argomento molto seguito all’interno di un gruppo di
discussione dal taglio economico (Harvard Business Review) nell'ambito del
social network Linkedin. Gli aderenti a questo gruppo, molti di loro manager e
professionisti dell’ambito economico, si stanno interrogando su quali siano leprincipali caratteristiche del buon leader.
E’
interessante notare come nei network italiani non sia facile trovare un
confronto spontaneo e partecipato su determinati argomenti professionali, ritenendo
forse facciano parte del personalissimo know
how individuale e non passibile di
condivisione.
Sebbene
gli appartenenti al network americano discutano fra loro sull’argomento in modo
per così dire ludico ne viene fuori uno scambio stimolante, presentando
sfaccettature dell’argomento e prospettive interessanti quanto inaspettate.
Emerge
infatti, su un tema apparentemente di natura economica come quello della
ricerca di cosa debba essere dotato un buon leader, una vena molto umanistica e
orientata a sostenere l’importanza di caratteristiche legate ad aspetti
empatici.
Concetti
come integrità, fiducia, umiltà, pazienza, passione, onestà sono apprezzati a quanto
pare anche nell’ambito manageriale e sembrano, immaginandoli riferiti ad alcuni
ambiti italiani, quasi appartenere ad un altro mondo.
Mi
sono quindi chiesta se sia facile trovare uno scambio di questo tipo nel
contesto italiano e mi è parso che in effetti non vi sia con le modalità e con
la partecipazione dimostrata in questo network.
Può
esserci un’implicita motivazione anche di tipo politico? Perché nonostante si
dica frequentemente che la politica non interessa più gli italiani, in realtà
in Italia siamo spesso ostaggio di una politica chiusa in se stessa e per molti
aspetti poco innovativa che si ripercuote inevitabilmente anche negli ambiti
economici e produttivi.
Una
riflessione va fatta poi sulla qualità delle aspettative che risiedono negli
ambiti lavorativi. Penso che ci sia una specie di rassegnazione circa la possibilità
anche solo di confrontarsi sulle caratteristiche che le persone dovrebbero
avere per mandare avanti, ad esempio, un’attività economica (e forse anche un
paese).
Che
tipo di caratteristiche contraddistinguono coloro che dirigono attualmente i
contesti pubblici e privati italiani? Sono riconosciute dovunque le doti utili
per condurre seriamente e con risultati concreti le attività produttive, sia
pubbliche sia private?
Nei
giorni scorsi ne hanno parlato illustri economisti, e non solo, al Festivaldell’Economia di Trento dove la rassegna ha affrontato proprio il tema delle
classi dirigenti.
Ho
cercato anche di capire se l’argomento dibattuto nel network della Harvard
Business Review presenti differenze tra l’opinione femminile e quella maschile
e non mi sembra di averne notate.
Sintomo
di una vera parità di vedute? Mi piacerebbe pensarlo.
Risposte,
quelle date dagli appartenenti al gruppo del social network, condivise da
tutti, uomini e donne, che accolgono una visione fiduciosa nelle migliori
caratteristiche dell’essere umano.
Fiducia,
integrità, autenticità, eccellenti capacità di comunicazione, umiltà (“so molto ma non posso sapere tutto”), pazienza, carattere, autenticità e
consapevolezza, influenza: queste sono le caratteristiche proposte dalle donne del
network.
Quelle
proposte dagli uomini: integrità, umiltà, visione e passione, sincerità,
onestà, coerenza, carisma, l’essere comunicativi, senso di responsabilità,
conoscenza, saggezza, autorità, leadership, servizio, consapevolezza, rispetto,
capacità.
E’
interessante al riguardo ricordare l’esempio di un grande economista italiano,
Federico Caffè, del quale ricorre quest’anno il centenario dalla nascita. Da
qualche giorno un network a lui intitolato è diventato un gruppo di discussione aperta dove chiunque può seguire gli
argomenti trattati e può intervenire.
In
un articolo di un quotidiano economico online Federico Caffè viene descritto
come un vero civil servant ed anche “il più grande economista
italiano del suo tempo” (così lo descrisse Guido Carli). Partecipò alla
Resistenza non combattente e fece parte della commissione sindacale della Banca
d’Italia. E tante altre cose fece nella sua vita, spesa a ricercare le ricette per
migliorare la vita di tutti, tra cui una collaborazione col movimento cattolico
i cui esponenti svolsero un ruolo determinante nella definizione della Carta
Costituzionale. Ed è forse grazie a questa sua impostazione poliedrica che Federico
Caffè esercitò una virtù che si dovrebbe insegnare a scuola e cioè - come scrive Giuseppe Amari autore del citato articolo - la compassione, nel senso di “patire con”, da cui la sua elevata sensibilità che gli
faceva presentire i più pressanti problemi umani e sociali; e non mancava di
proporre le “possibili” soluzioni, in risposta a “le attese della povera gente”
(Cfr. Giorgio La Pira).
Sebbene non sia frequente
il confronto su alcuni aspetti dell’economia, va tuttavia detto che è in atto da
qualche tempo un ripensamento nel pensiero economico su concetti comunemente
considerati consolidati come, ad esempio, la definizione di ricchezza di un
paese.
Non a caso anche l’Istat, accogliendo
l’impostazione di economisti come Jean-Paul Fitoussi e Amartya Sen, ha deciso qualche
anno fa di accogliere tra i suoi indicatori anche quelli relativi al benessere dellepersone. Il principale ente statistico italiano ha in questo modo intrapreso una nuova
prospettiva, più umanistica ed anche certamente più umana, che si spera venga fatta
propria dai nostri futuri leader e ne guidi le scelte … con l’auspicio di averefinalmente qualche donna in più al volante .
@PRODUZIONE RISERVATA - La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che ne sia citata la fonte
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