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Lasciato solo dai partiti. Il momento peggiore del mio settennato


04/04/2013
Sono queste le parole di Giorgio Napolitano dopo aver deciso di nominare dieci saggi per «formulare precise proposte programmatiche» in grado di divenire «in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche». Ecco il riferimento ad un articolo di Marzio Breda del Corriere della sera ed uno che vorrei unire per ciò che potrebbe comportare la decisione di Napolitano (Una saggia al Quirinale di Massimo Gramellini).

In questo frangente vorrei fare un'osservazione:

Forse non sappiamo più riconoscere “il buon padre di famiglia”.
Le reazioni di molti alla decisione del presidente Giorgio Napolitano di nominare una rosa di saggi che possano sbrogliare la situazione ingarbugliata è lo specchio di una parte della nostra società.
Di coloro che non sanno riconoscere a chi affidarsi, che non sanno riconoscere il "buon padre di famiglia".
Perchè accade questo?
Non crediamo più alla sincerità e alla capacità delle persone di assumersi la responsabilità di alcune scelte? Dobbiamo sempre dubitare che ci siano secondi e sinistri fini nelle scelte, anche se provenienti dalle persone più consapevoli e di alto valore? Abbiamo smarrito la fiducia anche in coloro che rappresentano esperienza, saggezza, spirito di sacrificio?
Non sappiamo più riconoscere i nostri padri?
Gli attacchi a Napolitano mi fanno pensare quanto sia ormai diffusa l’ignoranza affettiva.
Sembrerà strano parlare di affettività  ma penso sia proprio questo il fattore fondamentale.
L’affettività che si apprende dalla nascita determina quella capacità di riconoscere chi agisce nel bene e chi nel male. La capacità di riconoscere cioè la buona fede di chi agisce col massimo impegno e senso di responsabilità.
Questa capacità è possibile da parte di chi ha ricevuto un’educazione affettiva. L’educazione affettiva, che prescinde dalla cultura, dalla provenienza geografica, dall’età e quant’altro e che, quindi, può riguardare ogni persona, determina la capacità di riconoscere ed accogliere chi agisce nel tuo bene. Che può anche sbagliare ma, certamente, lo fa in buona fede e con il massimo impegno.
E’ lo stesso comportamento che ci si aspetterebbe da un buon genitore.
Ed è proprio nel riconoscimento della buona fede delle azioni di chi, rappresentando autorevolezza e serietà, agisce, appunto, in questo senso che si riconosce l’educazione affettiva.
Allora mi viene da pensare in che modo ognuno di noi può trasmettere quello che sembra mancare alla nostra società attuale, ai giovani in particolare, e cioè la fiducia nel futuro.
Forse noi, in quanto genitori, non dobbiamo mai dimenticare la responsabiulità che abbiamo nei confronti di quelli che saranno i cittadini del futuro.
Se non trasmettiamo un’educazione affettiva ai nostri figli siamo destinati a fallire come società.
Educazione affettiva significa donare e avere la capacità di accogliere. Quello che ogni buon genitore dovrebbe saper fare coi propri figli.
Donare il proprio tempo ai figli, ascoltare con attenzione le loro domande per poter dare delle risposte sensate e partecipate, condividere i propri valori e le proprie posizioni e poi ascoltare le loro domande, le loro sollecitazioni.
Così, in un circolo virtuoso, si crea la fiducia, elemento fondamentale per credere in un futuro.
Se manca la capacità di esercitare consapevolmente la fiducia manca la capacità di riconoscere la strada da prendere in ogni nostra decisione.
Il che non significa necessariamente riuscire sempre a capire immediatamente qual è la giusta scelta ma significa innanzitutto capire quali sono i giusti riferimenti, potendo così raggiungere i nostri obiettivi, nella maggior parte dei casi, “strada facendo”.
Se sapremo riconoscere le figure che rappresentano serietà, senso di responsabilità, buona fede e competenza e nelle quali avere fiducia e sapremo trasmettere ciò ai nostri figli avremo fatto un passo avanti.
Francesca Balboni 
@PRODUZIONE RISERVATA

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